Il 26 novembre 2025 segna una data destinata a incidere profondamente sul mercato immobiliare italiano. In quel giorno la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente l’articolo 44 del disegno di legge “Semplificazioni”, una norma che ha rivoluzionato il trattamento giuridico degli immobili provenienti da donazione, ponendo fine a un’incertezza che per decenni ha pesato sulla loro commerciabilità e, soprattutto, sulla possibilità di ottenervi un finanziamento. Questa riforma è stata accolta con relativa discrezione dall’opinione pubblica, ma gli effetti che produrrà sono tali da modificare migliaia di compravendite e attività di credito nei prossimi anni.
Per comprendere la portata di questo cambiamento, è sufficiente ricordare ciò che accadeva fino a ieri. Un immobile ricevuto in donazione era considerato un bene “di serie B”: non per ragioni economiche o di qualità, ma per un rischio giuridico concreto. La legge italiana aveva infatti sempre riconosciuto ai legittimari – cioè gli eredi con diritti riservati – la possibilità di agire in riduzione contro le donazioni che ne avessero leso la quota, e tale azione poteva colpire anche un acquirente che avesse comprato il bene pagando il prezzo di mercato e trascrivendo regolarmente l’atto. Bastava che, anni dopo, un erede leso contestasse la donazione affinché il compratore potesse ritrovarsi senza casa, e la banca senza garanzia ipotecaria. Non si trattava di un rischio teorico: casi del genere emergevano regolarmente nella giurisprudenza, generando un clima di diffidenza tale che le banche, per tutelarsi, avevano adottato politiche molto restrittive. Alcuni istituti rifiutavano a priori di finanziare un immobile proveniente da donazione; altri accettavano solo se erano trascorsi vent’anni; altri ancora richiedevano polizze assicurative costose per coprire il rischio di restituzione.
Il risultato era un mercato distorto: immobili svalutati, vendite lente, acquirenti preoccupati e famiglie che, pur avendo ricevuto un bene in donazione, si trovavano intrappolate in una sorta di limbo patrimoniale. La riforma del 2025 interviene proprio su questo punto, riscrivendo radicalmente il regime delle donazioni e introducendo una tutela piena e definitiva per l’acquirente a titolo oneroso. Il nuovo articolo 563 del codice civile stabilisce infatti che l’azione di riduzione non può più travolgere il terzo acquirente: il legittimario potrà reclamare il proprio diritto solo nei confronti del donatario, chiedendo il corrispettivo monetario dell’eventuale lesione, ma non potrà più pretendere la restituzione del bene venduto. Allo stesso tempo, il rinnovato articolo 561 chiarisce che il bene rimane gravato da ipoteche, pesi e vincoli anche in caso di riduzione. Significa che le garanzie delle banche rimangono pienamente valide, anche se la donazione originaria viene contestata.
Questa scelta legislativa ha un impatto immediato e potente sulla circolazione immobiliare. Gli acquirenti possono finalmente comprare un immobile donato con la sicurezza che nessuno potrà toglierglielo, e le banche possono finanziare questi acquisti senza timori, eliminando la necessità di polizze costose o attese ventennali. Di conseguenza, gli immobili donati tornano ad avere pieno valore di mercato, senza più sconti forzati né stigmi giuridici che li rendevano meno appetibili. Anche il lavoro degli agenti immobiliari cambia radicalmente: quelle che prima erano proprietà destinate a rimanere sul mercato per mesi, o da proporre con forte ribasso, ora possono essere trattate alla pari di qualsiasi altro immobile.
La riforma, tuttavia, non elimina del tutto la responsabilità residua all’interno della catena delle donazioni: distingue nettamente tra chi acquista pagando un prezzo reale e chi riceve un bene gratuitamente. Se il donatario aliena l’immobile con un’altra donazione e non con una vendita, il secondo donatario potrà essere chiamato a compensare i legittimari, ma solo entro i limiti del vantaggio ricevuto. Il legislatore ha costruito così una responsabilità “a cascata” che tutela la circolazione economica reale, salvaguardando al tempo stesso il diritto dei legittimari. Rimane una criticità in caso di insolvenza: se né il donatario né i successivi donatari gratuiti hanno patrimonio sufficiente per compensare la lesione, una parte del valore della donazione viene sottratta dalla massa ereditaria, riducendo la quota spettante ai legittimari. È una scelta consapevole del legislatore, che ha deciso di privilegiare il buon funzionamento del mercato rispetto alla tutela massima – e spesso paralizzante – delle pretese successorie.
Per evitare effetti retroattivi troppo ampi, il legislatore ha previsto una disciplina transitoria: per le successioni già aperte alla data di entrata in vigore della riforma, continuano ad applicarsi le vecchie regole solo se, entro sei mesi, il legittimario presenta e trascrive una domanda di riduzione o un’opposizione stragiudiziale. Scaduto questo termine, anche tali successioni rientrano nel nuovo regime, cancellando in modo uniforme il rischio restitutorio dal sistema.
La riforma non tocca invece l’azione di riduzione in sé, che rimane uno strumento intatto a tutela della legittima; cambia però la sua efficacia nei confronti dei terzi, che non possono più essere coinvolti. Non modifica nemmeno la disciplina delle donazioni indirette – come quando un genitore paga una casa intestandola al figlio – che continuano a essere trattate secondo le regole tradizionali della riunione fittizia ai fini della legittima.
Il senso più profondo di questa riforma è economico e sociale: in un Paese con una popolazione anziana e con una grande quota di ricchezza immobiliare trasferita tramite donazioni, il blocco degli immobili donati rappresentava un freno rilevante alla mobilità patrimoniale, ai consumi e all’accesso al credito. Eliminando il rischio restitutorio, il legislatore italiano si allinea alle principali esperienze europee e libera un enorme potenziale immobiliare, rendendo le compravendite più sicure, i mutui più accessibili e il mercato più dinamico. Per chi opera nell’immobiliare, nel credito o nelle consulenze giuridiche e fiscali, nei prossimi mesi sarà essenziale monitorare come gli istituti di credito aggiorneranno le loro policy e come le pratiche di mercato si adatteranno al nuovo quadro normativo. Ma una cosa è già certa: dopo il 2025, gli immobili donati non saranno mai più considerati beni di serie B.


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